Quanto è utile la matematica in economia? La discussione è ancora aperta, anche nelle banche centrali. Il mese scorso il primo vice governatore della Sweriges Riksbank, Svante Öberg, ha messo i suoi colleghi in guardia da un’eccessiva fiducia nel modello macroeconomico della Svezia adottato dall’autorità monetaria di Stoccolma. “I calcoli del modello sono effettuati con l’aiuto del modello Ramses che, come tutti gli altri modelli, è una semplificazione della realtà”, ha detto secondo i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria, da poco pubblicati. Il faraone Ramses, in realtà, non c’entra nulla: è solo la siglia di Riksbank Aggregate Macromodel for Studies of the Economy of Sweden.
Nel modello, ha aggiunto Öberg. “gli effetti sono gli stessi, cioè sono uguali con un taglio [effettuato quando i tassi sono] vicini allo zero o a un livello più normale; manca un settore finanziario sviluppato; non prende in considerazione gli ampi prestiti della Riksbank alle banche; non prende in considerazione la disoccupazione e assume che l’occupazione varia in proporzione con la produzione, cosa che non è sostenuta dall’esperienza empirica”.
“È bene, ha concluso Öberg, avere modelli come aiuto, ma non bisogna crederci in modo servile”. È utile però ricordare cosa disse Alfred Marshall sulla matematica nella scienza economica: è “un linguaggio meravigliosamente terso ed esatto per esprimere chiaramente alcune relazioni generali e alcuni brevi ragionamenti economici” che “dà una padronanza irraggiungibile in altri modi della reciproca internazione dei cambiamenti economici”. Il problema non è quindi la matematica, ma la metodologia delle “ipotesi irrealistiche”, difesa da Milton Friedman in un saggio molto influente. Un’ipotesi irrealistica, però, è forse semplicemente falsa.