Derivati e debiti a breve termine: la lezione dell’Islanda

La cosa peggiore, nel mondo dell’economia, sono i derivati – dice qualcuno – ma questo non è un giudizio corretto. Sono, in generale, i debiti a breve termine. A volte sembra razionale prendere a prestito denaro a breve scadenza: costa meno e se si posseggono attivi di valore, si può sperare di trovare sempre investitori pronti a concedere fondi, ma non è così.

È questa la lezione del collasso islandese. Le banche del paese non hanno mai usato derivati per scopi speculativi, ma si sono pesantemente indebitate a breve termine verso investitori istituzionali e hanno comprato attività a lungo termine. Durante la crisi globale questo sistema, che è stato molto redditizio per l’intera Islanda, è crollato e ora un intero paese deve pagare i debiti di un piccolo gruppo di banche. Un sistema neo-liberista mal disegnato è ora in frantumi per errori compiuti da società finanziarie private e dal governo, che ha confuso il laissez-faire con una politica del “far nulla”: un approccio sbagliato in un sistema economico moderno, pesantemente (e inevitabilmente) costruito attraverso le regole. Un’economia libera, nel mondo di oggi, è un’altra cosa.