Simili, sono simili. Due regimi in cui il partito – più che lo Stato – tiene insieme società ed élites e governa tutto. La brutalità di fascismo e comunismo è spesso analoga, anche se le intenzioni dei massacri sono profondamente diverse: la pulizia etnica contro quella che era percepita come l’”élite cattiva” degli ebrei da una parte, l’annientamento di coloro che si oppongono alla costruzione di una società senza classi, senza dominio, senza sfruttamento dall’altra…
Non è però l’argomento morale che permette di distinguere davvero i due sistemi, tra i quali non mancano peraltro fenomeni di osmosi. Mussolini, che aveva fondato il fascismo e gli ha dato forma – non senza una forma diabolica di genialità politica – era del resto un socialista rivoluzionario che si era trasformato in qualcosa di molto diverso. I fasci non erano l’imitazione dei soviet? Lenin non è stato un ispiratore nascosto del dittatore italiano?
Oggi che il comunismo è morto e il fascismo – più o meno “post” – rialza la testa, si torna a sottolineare le innegabili somiglianze. Le differenze, però, sono irriducibili. Obiettivi e basi sociali sono profondamente diversi.
Il comunismo voleva rifare tutto, azzerando ogni potere a parte quello del partito, sostenendosi sulle classi operaie. Il sogno originario era anche più ambizioso: la società prefigurata da Karl Marx, prima che Friedrich Engels desse vita a un marxismo traducibile in prassi immediata, era una società senza denaro, senza politica, in cui i lavoratori associati si coordinano dal basso. La società ideale del comunismo è una società omogenea. La sua base sociale era il mondo degli operai, soprattutto specializzati, che nella visione di Marx, avevano in potenza – c’è molto Aristotele in Marx – la capacità di assumere tutte le funzioni produttive, comprese quelle svolte dai capitalisti, dagli imprenditori, dai manager.
Il fascismo guarda altrove. Vuole una società stratificata, con una gerarchia sociale fissa e tradizionale, congelata. Non l’abolizione della proprietà privata ma il corporativismo – nato dall’enciclica Rerum novarum in chiave chiaramente antiliberale, poi adottato da Mussolini – è la sua dottrina economica, di cui sono rimasti molti residui nei paesi occidentali, e soprattutto in Italia.
Il fascismo è allora uno sviluppo del tradizionalismo e del conservatorismo, e la sua base sociale è totalmente differente. È l’estremismo delle classi medie, incattivite anche per i passi avanti che le classi operaie, grazie a partiti e sindacati fortemente organizzati, erano riusciti a fare, sia in termini sociali che in termini di riconoscimenti (che a chi restava indietro apparivano come privilegi) politici. C’è molta più di invidia sociale – ammesso che sia un aspetto rilevante – nel fascismo che nel comunismo (come alcune analisi tendono a sottolineare).
Basti guardare a quanto accade alla religione, nei due regimi. Il comunismo cerca di azzerarla, adotta l’ateismo di Stato. Il fascismo – che spesso, soprattutto nella versione germanica, si diletta con il politeismo – la lascia vivere, anche se sotto controllo, le lascia un posto ben definito e ne fa spesso una sua alleata.
Il fascismo è così più subdolo nelle sue origini. Il comunismo vuole e richiede una rivoluzione totale, che travolga tutto. Il fascismo evoca la tradizione, è più difficile da individuare nei suoi primi passi. All’estremismo degli squadristi si accompagna una più graduale involuzione democratica delle classi medie che ne forniscono il consenso, sotto lo sguardo benevolo di chi crede di far parte di una élite. Molti liberali conservatori sono stati ammaliati dal fascismo, e in Italia è stata necessaria la forza speculativa e caratteriale di un Benedetto Croce per dar vita a un antifascismo liberale (più attivo di quanto si voglia far credere).
Oggi, dopo una globalizzazione opportuna ma mal gestita e una lunga fase di politiche conservatrici che hanno premiato le élites nell’illusione che i vantaggi a loro riservati si propagassero – attraverso un sistema economico che crea forti interdipendenze tra individui e gruppi – a tutti i cittadini, le classi medie sono rimaste indietro, e sono di nuovo inferocite… Per i regimi liberali e democratici, plurali, pacifici, il pericolo, che ieri veniva dall’estrema sinistra, oggi viene allora dalla destra, e non solo da quella estrema.