Per la Bce è un vero dilemma. È piuttosto difficile, oggi, definire una politica monetaria adatta a tutta Eurolandia. Le critiche, aperte e severe, che giungono dalla Bundesbank, la banca nazionale tedesca, sono una prova certa che gli obiettivi sono in conflitto.
Il problema non è l’economia reale. L’intera Eurolandia è in recessione e gli indici Pmi manifatturieri di marzo – un indicatore dei livelli di attività – hanno mostrato «una sorprendente convergenza tra i paesi core e quelli periferici», come nota François Cabau, economista a Barclays: le condizioni economiche in Germania (e in Francia) sono peggiorate mentre l’Italia e altri paesi tra quelli in difficoltà sono stati più resilienti.
Il problema è tutto sul versante monetario dell’economia. Per la Bce, l’offerta di moneta è la sola leva rilevante, anche se indiretta e imprecisa, per la sua politica, ora che i tassi sono praticamente a zero: anche se il costo del credito ufficiale è all’1%, l’Eonia è attorno allo 0,38% e l’Euribor a una settimana è allo 0,32 per cento. Per questo motivo, i due recenti LTRO – le iniezioni a lungo termine di liquidità – della Bce sono considerati da molti economisti come la versione in Eurolandia del quantitative easing.
Il punto è che l’offerta di moneta è distribuita in modo diseguale. I dati tedeschi sono aggiornati a dicembre e mostrano che il contributo della Germania alla misura più ristretta di moneta M1 – eccetto, come è normale per i singoli stati membri di Eurolandia, le banconote in circolazione – è aumentata del 5,4% annuo. In Italia si è invece contratta del 2,7% (-5,5% a febbraio) mentre M1 in Eurolandia è cresciuta dell’1,7% (2,5% a febbraio). Il contributo alla misura media e ampia ha seguito lo stesso schema: quello per M2 è cresciuto del 6,6% in Germania, dello 0,6% in Italia (+1,31% in febbraio) e M2 di Eurolandia è salito dell’1,8% (2,8%), mentre il contributo per M3 è aumentato del 6% in Germania ed è diminuito del 4,4% (-1,4% a febbraio) in Italia, ed M3 di Eurolandia è salito dell’1,6% (+2,8%).
Il ritmo di crescita di riferimento della Bce per M3 – un benchmark dimenticato ma mai abolito – è del 4,5 per cento.
Per la Germania questo è un incubo. È vero che la crescita della moneta ha effetti sui prezzi al consumo solo nel lungo periodo, ma può spingere le quotazioni degli assets molto prima; e i prezzi delle case, in Germania, aumentano oggi per la prima volta in diversi anni. È anche vero che quei “contributi monetari” dei singoli paesi non sono aggregati monetari in senso tecnico, ma forniscono solo una inaccurata approssimazione. È però un fatto che in Italia, e in altri paesi periferici, questi aggregati si stanno contraendo o sono vicini alla stagnazione; mentre per i gusti della Bundesbank corrono troppo veloci, proprio ora che – per la prima volta nella storia di Eurolandia – la sua influenza sulla Bce si affievolisce. Questo può spiegare il nervosismo tedesco, e le difficoltà della Banca centrale europea.