È un piccolo mistero. Le banche europee prendono in prestito liquidità dalla Banca centrale europea, poi la tengono parcheggiata nei forzieri dell’Eurotower. La deposit facility ha raggiunto, nei giorni scorsi, il livello record di 528 miliardi. Per molti commentatori è il segno che le aziende di credito stanno accumulando denaro, ma solo per tenerlo parcheggiato, fermo. Perché?
La cosa diventa più strana nel momento in cui si calcolano i costi di tutta questa operazione. Nelle aste settimanali e nelle operazioni a lungo termine – come l’ultima a tre anni di dicembre e la prossima di fine febbraio – le aziende di credito consegnano alla Bce assets finanziari – titoli di stato per esempio – al valore di mercato, quindi senza guadagnarci nulla rispetto a eventuali flessioni delle quotazioni, e ricevono in cambio liquidità sulla quale pagano un tasso di interesse dell’un per cento. Questo denaro viene accreditato in un conto presso la Bce, la deposit facility, dove resta parcheggiato in cambio, oggi, di un interesse dello 0,25% annuale. C’è una perdita secca di 75 punti base. Perché? Non è irrazionale?
I dubbi aumentano nel momento in cui si ascoltano le parole di Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea. «Nell’insieme – ha detto nell’ultima conferenza stampa – le banche che hanno preso a prestito denaro dalla Bce non sono le stesse che stanno depositando denaro nella deposit facility della Bce».
È un’indicazione più importante di quella che può sembrare. Qualcosa, sembra dire Draghi, avviene “dietro le quinte”. Non è proprio così, in realtà. È che, anche nel migliore scenario possibile, non può accadere altrimenti: il livello dei depositi – ha spiegato in un’analisi Greg Fuzesi di JpMorgan – non dà alcuna indicazione di come quella moneta sia usata, e non calerà solo perché (e quando) quella liquidità entrerà in circolo nell’economia reale, ma molto dopo.
Per capire cosa sta accadendo, si immagini che la banca Aldebaran usi tutti i suoi depositi presso la Bce per acquistare un bond dalla banca Antares. Il conto presso la banca centrale “passa” dalla prima azienda di credito alla seconda, ma l’ammontare resta inalterato. Se invece Aldebaran acquista un titolo da un investitore non bancario – che ha però comunque un conto per esempio presso l’azienda di credito Fomahault – il conto presso la Bce passerà comunque dalla Aldebaran alla Fomahault. Anche in questo caso l’ammontare complessivo dei depositi presso la Bce non cambia.
Al di là degli spostamenti tecnici di denaro dalla deposit facility al current account della Bce – che le banche sono costrette a fare per rispettare l’obbligo di riserva obbligatoria – ci sono solo due modi, spiega Fuzesi, perché il denaro parcheggiato alla Bce cali. Innanzitutto se le famiglie decidessero di trasformare i propri conti correnti in banconote, per tenerle sotto il materasso. Non sarebbe un buon segno. Poi, se le banche iniziassero a chiedere meno liquidità in prestito alle aste della Bce; dal momento però che la deposit facility è aumentata soprattutto a causa della recente operazione a tre anni e continuerà a crescere a fine febbraio, occorrerà tempo prima che si riduca davvero.
Il livello della deposit facility non ci dice, dunque, nulla di come è impiegato questo denaro.
Dove bisogna guardare, allora, per capire se questa massa di denaro si dirigerà verso l’economia? Nelle statistiche sugli aggregati monetari, creditizi e finanziari, diffusi dalla stessa Bce, con un mese circa di ritardo. Gli ultimi, relativi a dicembre, non lasciavano molto spazio all’ottimismo, ma non potevano ancora mostrare neanche i primissimi effetti dell’operazione a tre anni svolta il 21 dicembre.