La Banca del Giappone ha respinto la proposta del governo di adottare l’inflation targeting, la strategia di politica monetaria “più gettonata” negli ultimi tempi. È quella adottata dalla Banca d’Inghilterra e, in forma spuria e incompleta, anche dalla Banca centrale europea. Tentare di inseguire un obiettivo di inflazione poteva essere molto importante, per il Giappone che da anni combatte contro un’insidiosa deflazione, ma il governatore Masaaki Shirakawa ha detto di no. “La gente si rende conto ora che, concentrandosi troppo sui movimenti dei prezzi, i policymaker non si sono accorti degli squilibri nell’economia e nel sistema finanziario”. È vero: la globalizzazione ha ridotto le pressioni inflazionistiche, ma i banchieri centrali hanno continuato a comportarsi come se le loro economie fossero chiuse, senza curarsi dei rischi di gonfiare, con politiche troppo espansive, bolle finanziarie.
L’inflation targeting oggi solleva davvero qualche dubbio e Shirakawa ha quindi scelto un sentiero molto innovativo. A dicembre la Banca del Giappone, prima fra le grandi banche centrali, ha leggermente cambiato la propria strategia dandosi anche l’obiettivo di tenere sotto controllo i prezzi degli assets finanziari. La politica monetaria giapponese sarà quindi molto flessibile ma, con tanti vaghi obiettivi da perseguire, sarà anche molto discrezionale, forse imprevedibile. Efficiente, forse, ma poco accountable, responsabile, e quindi non coerente con i principi di un sistema liberale e democratico. Così facendo, la Banca del Giappone ha respinto la più difficile e la più importante delle sue sfide.