È una corsa a ostacoli. Il premier designato Naoto Kan ha scelto il suo ex vice alle Finanze, Yoshihiko Noda, come nuovo ministro. Un’indicazione molto precisa, in questa fase: Kan si è riservato di annunciare le sue proposte sulle tasse solo dopo il completamento del nuovo governo, ma Noda è noto per la sua attenzione al rigore e per il suo sostegno all’idea di porre un tetto alle emissioni di titoli di Stato giapponesi. Gli investitori continuano però a temere che il premier voglia alzare le tasse sui consumi, oggi al 5%, con un effetto negativo per la borsa.
La coppia Kan-Noda ha di fronte a sé tempi davvero difficili. Le difficoltà di Eurolandia e dell’euro stanno rendendo meno convenienti le esportazioni del paese, come mostra la tendenza cinese ad acquistare macchinari sempre più dalla Germania (e dalla Corea) e meno da Giappone e Stati Uniti. Gli impegni del G-20 impongono intanto ai governi dei paesi in surplus con l’estero – come è il caso di Tokyo – di favorire la crescita della domanda interna, mentre il necessario rigore fiscale richiede di aumentare le tasse. Sono obiettivi non facilmente armonizzabili, soprattutto nel breve e medio periodo, e l’ormai costante deflazione rende il compito anche più difficile.
Non è ancora chiaro quale atteggiamento Noda avrà sullo yen: la politica valutaria tocca a lui, più che allo stesso Kan, in tandem – per la parte operativa – con la Banca del Giappone (BoJ). Il governo di Tokyo ha sempre avuto la tendenza a "scaricare" sull’autorità monetaria l’onere di favorire la crescita e combattere la deflazione e Kan, parlando di "collaborazione" ha ripetuto lo stesso concetto anche venerdì; ma – ha notato Kyohei Morita di Barclays – «la BoJ ha già fatto tutto quello che poteva. È il governo che ora deve fare di più, e la prima cosa a cui dovrebbe pensare è la svalutazione dello yen». Più volte Kan, un socialista "vecchio stile" che ha dovuto imparare a gestire i vincoli economici, è però inciampato su questo tema con dichiarazioni un po’ improvvide, costringendosi poi a un lungo silenzio. Difficile che il suo ex vice voglia cadere negli stessi errori. Eventuali interventi sul cambio saranno probabilmente "progettati" con grande cautela.
Se anche il tema della valuta dovesse davvero diventare prioritario non finiranno, con tutta probabilità, le pressioni sulla Banca centrale. Kan, ricorda Masaaki Kanno di JPMorgan, chiede cambiamenti radicali alla politica monetaria, con l’adozione di un obiettivo di inflazione al 2% e un regime di inflation targeting che il governatore Masaaki Shirakawa, però, non considera adatto alla situazione giapponese. «Le tensioni tra il governo e la BoJ potrebbero aumentare, nei prossimi mesi» ha aggiunto Kanno.
In ogni caso, sarà difficile che il nuovo governo riesca a evitare la riforma della tassazione, dopo i tagli alle spese pubbliche scese ai livelli di vent’anni fa. Il lento avvicinarsi delle elezioni del 2013 seminerà il cammino di Kan e Koda di molti ostacoli, ma i nodi dovranno essere affrontati. Anche perché alcuni interventi sono stati già annunciati. Per sostenere la crescita, il governo dovrà quasi certamente abbassare le imposte sulle aziende, che sono oggi pari al 40%, imitando, spiega Morita, la Corea che ha portato le aliquote sotto i livelli cinesi. Dovrà innalzare intanto la pressione fiscale – che è al 25%, lo stesso livello della Grecia – colpendo consumi e redditi individuali. Il riequilibrio, in un paese ancora privo di anagrafe e codici fiscali – di lenta realizzazione – sarà difficile sia sul piano tecnico che su quello politico, dopo che il precedente governo ha visto il gradimento scendere al 20 per cento.
I prossimi giorni riveleranno le vere intenzioni di Kan e Koda, ma prima delle parole saranno importanti alcune decisioni strategiche: «La nuova politica economica del governo – nota Kanno – dipenderà molto da quale o quali partiti saranno scelti dai democratici per formare la maggioranza. Se si tratta del Tuo partito, l’attenzione sarà rivolta alla crescita, se al Komei, alla distribuzione del reddito».