Il trasferimento di una parte del debito dei paesi europei a un fondo che possa emettere eurobond è considerato una possibile soluzione alla crisi fiscale di Eurolandia. Potendo contare sulle garanzie di tutti i paesi dell’Unione monetaria, molti dei quali “virtuosi”, si pensa che questi strumenti finanziari possano avere la stessa affidabilità e lo stesso rating (finora) attribuiti ai Treasuries americani. Non è forse il debito complessivo di Eurolandia inferiore a quello americano, anche in prospettiva?
Non tutti sono convinti da questo ragionamento. Sicuramente non David Mackie di JPMorgan. «L’affidabilità dei Treasuries Usa dipende dal potere del governo Usa di tassare i cittadini e controllare le spese pubbliche in tutto il paese», spiega in una recente nota. In Eurolandia ogni iniziativa sui conti pubblici dovrebbe comunque passare attraverso i singoli stati membri. I più «affidabili», in particolare, «non potrebbero tassare i cittadini e controllare le spese pubbliche dei paesi meno affidabili».
Cosa accadrebbe allora? «Se si creasse – aggiunge come esempio – una situazione in cui la Spagna e l’Italia perdessero accesso ai mercati dei capitali, un eurobond come unico strumento di ingegneria finanziaria non risolverebbe il problema. La metà affidabile dell’area non sarebbe in grado di sostenere il peso della metà non affidabile». La conclusione delude allora molte speranze: «Proprio quando un Eurobond comune sarebbe più necessario, sarebbe lo strumento meno efficace».
A meno che… A meno che, secondo Mackie, non fosse accompagnato da una enorme riforma. Quella in cui i paesi affidabili avessero il controllo dei conti pubblici o, in alternativa, delle emissioni dei paesi meno affidabili. Nulla di politicamente semplice.