Francia: i gollisti in marcia verso il lepenismo

Non c’è nulla di peggio che piegare i grandi principi alle esigenze della politica quotidiana. Una prova arriva dalla lettera aperta che 170 deputati e senatori dei Républicains, gli eredi del gaullismo, ha pubblicato su Le Figaro a difesa del ministro degli Interni Bruno Retailleau, accusato di aver messo tra parentesi lo Stato di diritto, con l’obiettivo vero di aprire la lotta per la leadership della destra antirepubblicana.

Dalle fake news ai faux debats

In un’intervista al Journal du Dimanche, Retailleau ha detto che: «Lo Stato di diritto non è nè intangibile né sacro». «È un insieme di regole, una gerarchia di norme, un controllo giuridisdizionale, una separazione di poteri, ma la fonte dello Stato di diritto è la democrazia, è il popolo sovrano». Frasi che hanno scatenato una grande polemica, in un Francia che tenta di smarcarsi dal populismo del Rassemblement national (ma anche, a sinistra, della France Insoumise).

Il primo ministro Michel Barnier ha dovuto ‘inquadrare’ il suo ministro – non il primo, tra l’altro – e nel suo discorso di politica generale ha precisato che «la fermezza della politica penale che i francesi ci chiedono è indissociabile dal rispetto dello Stato di diritto e del principio di indipendenza e di imparzialità della giustizia alla quale tengo molto personalmente, profondamente e definitivamente». Frasi pronunciate poco dopo le precisazioni di Retailleau secondo il quale sono stati sollevati «dibattiti falsi», aggiungendo che «oggi il diritto non protegge sufficientemente i francesi», considerazione che nulla ha a che fare con lo Stato di diritto, ma con l’efficacia dell’ordinamento giuridico.

«Ovviamente – ha poi aggiunto Retailleau – non può esserci democrazia senza Stato di diritto, senza che il potere pubblico rispetti il diritto e le libertà. Questo è il fondamento della nostra Repubblica. Quando i testi in vigore non garantiscono più tutti i diritti, a cominciare dal primo tra essi, il diritto di essere protetti, devono evolversi, nel pieno rispetto delle istituzioni della nostra Repubblica». Frasi che confermano l’ambiguità tra efficienza dell’ordinamento giuridico – tema che può porsi in qualunque regime – e l’architettura istituzionale dello Stato del diritto, il liberalismo repubblicano che la Francia ha contribuito fortemente a formalizzare, diffondendo in tutta Europa le esperienze, per certi versi più limitate, dell’Inghilterra e degli Stati Uniti.

Che il dibattito non fosse falso lo ha dimostrato la lettera aperta che i 170 deputati e senatori francesi dei Républicains hanno scritto su Le Figaro a sostegno del ministro. Il punto di partenza è la violenza che in Francia appare in aumento anche in alcune statistiche, e che rappresenta una grande preoccupazione per la cittadinanza. Occuparsi del modo giusto di rispondere a questo problema, anche per i Républicains tutti significa aprire un falso dibattito. «È vano voler opporre – scrivono i deputati e i senatori – stato di diritto e sicurezza pubblica». Affermazione incontrovertibile, se non fosse che è proprio la lettera aperta a contrapporre le due nozioni.

Le ambiguità dei Républicains

Il punto di partenza è la dichiarazione dei diritto dell’uomo e del cittadino del 1789 che per un repubblicano francese, che sia di destra o di sinistra, è il punto di partenza. «Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione» dice l’articolo 2. L’elenco è impressionante: libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione, sullo stesso piano ma in un ordine che si potrebbe definire – con John Rawls, il filosofo politico statunitense – lessicale. Un ordine cioè simile a quello che impone, quando si ordina alfabeticamente un gruppo di parole, di cominciare dalla lettera “A” per poi passare alla “B” e alla successiva.

Per i Républicains esiste però solo la sicurezza, e questo è un passaggio tipico della destra autoritaria; con un’ulteriore confusione: l’articolo 2 della Déclaration non parla dello stato di diritto, che è il governo della legge[1]. «Lo stato di diritto consiste dunque anche nel dare allo Stato la capacità di far rispettare la legge per garantire la sicurezza dovuta a ogni cittadino francese», scrivono invece deputati e i senatori.

La confusione regna sovrana (e, tra politici che rivendicano di essere Républicains, la cosa è grave), e i passaggi successivi lo confermano. «Lo Stato di diritto non è e non è mai stato immutabile», continuano citando «La parità, la Carta dell’ambiente o la libertà di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza nelle condizioni previste dalla legge», che non modificano lo Stato di diritto, ma l’elenco dei diritti fondamentali. «Perché l’immigrazione irregolare, la lotta contro la violenza e il contrasto al comunitarismo – si domandano allora i Républicains – dovrebbero essere per principio tenuti lontani da qualsiasi evoluzione, quando sono al centro delle aspettative dei francesi?»

Contro i Diritti dell’Uomo

L’ambiguità viene sciolta subito dopo, quando i Républicains attaccano l’Europa e la Corte di giustizia europea, e quindi la Carta dei diritti: «Bisogna anche riflettere sulla possibilità di superare qualsiasi giudizio delle corti europee che possa compromettere il nostro ordine costituzionale».

La questione non riguarda allora lo Stato di diritto, anche se questa ambiguità – come mostra quanto accade in Ungheria e negli altri Paesi dominati dalla destra illiberale, plebiscitaria (e quindi antirepubblicana) – è funzionale a un approccio autoritario. Riguarda i diritti fondamentali, riguarda l’universalità dei diritti che la cultura francese ha insegnato al mondo, e le loro garanzie istituzionali. Nessuna compressione di questi diritti è necessaria per combattere la violenza, che sia domestica o legata all’immigrazione illegale: l’Italia che ha sconfitto il terrorismo di destra e di sinistra e sta lentamente erodendo la criminalità organizzata, è un esempio efficacissimo.

Quello a cui si sta assistendo, allora, è la lepenizzazione dei Républicains, fenomeno non del tutto nuovo: il tradimento degli ideali repubblicani francesi – quelli riproposti negli anni 80 dall’opera di Claude Nicolet – a favore del sovranismo illiberale del Rassemblement national. La condanna dello “strappo” di Eric Ciotti, il presidente del partito che si è alleato quasi da solo con Rn, non era evidentemente il segno della incompatibilità tra i due partiti, ma solo un episodio di una lunga lotta per la leadership della destra radicale.

Se questo scenario è vero, la durata del governo Barnier che prova a tener insieme Républicains e il centro macroniano, decisamente più liberale (anche se non liberale fino in fondo) con l’ambizione di aggregare in futuro anche la sinistra più moderata, potrebbe risultare molto breve.

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[1] Con l’introduzione delle Corti costituzionali si tende a distinguere, soprattutto in Francia, lo Stato legale, in cui semplicemente il governo rispetta le leggi votate dal Parlamento dallo Stato di diritto dove c’è un controllo della compatibilità delle leggi con i diritti costituzionali.