Disagio sociale e populismo: si discute molto quanto sia forte l’effetto della concreta situazione sociale sui risultati dei partiti radicali, xenofobi, populisti o anche semplicemente euroscettici. I recenti risultati del primo turno delle elezioni francesi permettono di fare un’analisi un po’ più precisa. Misurando il disagio sociale attraverso il tasso di disoccupazione – cioè la percentuale sul totale della forza lavoro delle persone che cercano un’occupazione e restano frustrata nei loro tentativi – e i risultati elettorali dei diversi candidati in ciascuno dei 96 dipartimenti francesi è possibile capire se esiste una correlazione.
Marine Le Pen
(a ogni punto corrisponde un dipartimento, in rosso la linea di tendenza)
Il risultato è chiaro: un legame c’è. Per alcuni candidati almeno. Per Marine Le Pen la correlazione è chiara e molto forte (la rilevanza statistica è superiore al 99,9%). Un punto percentuale in più di disoccupazione ha significato tendenzialmente, per la leader del Front National, 1,9 punti percentuali in più in termini di risultati elettorali. La disoccupazione riesce a spiegare statisticamente il 33% circa del livello di consenso. Non mancano ovviamente eccezioni, dipartimenti dove la disoccupazione “giustificherebbe” risultati decisamente migliori per la leader del FN, ma la relazione, in generale, tiene abbastanza. La cosa più interessante avviene nel momento in cui si inserisce nell’analisi un altro fattore: la variazione della popolazione non legata a fattori naturali (nascite e morti) negli ultimi anni (2009-2016), che può misurare l’effetto delle migrazioni. Per la Le Pen, come per tutti gli altri candidati, l’effetto non è statisticamente rilevante (mentre resta rilevante la disoccupazione).
Jean-Luc Mélenchon
(a ogni punto corrisponde un dipartimento, in rosso la linea di tendenza)
Non accade la stessa cosa per Jean-Luc Mélenchon, il leader della sinistra radicale di La France Insoumise. Anche in questo caso c’è una relazione: a un punto percentuale in più di senza lavoro corrispondono 0.45 punti percentuali in più in termini di risultati elettorali. La rilevanza statistica è appena più bassa (tra il 95% e il 99%) ma, soprattutto, la disoccupazione spiega solo il 6% del consenso. Si può ipotizzare che, in questo caso, fattori culturali e ideologici abbiano un peso decisamente più importante.
I radicali, a destra e sinistra
(a ogni punto corrisponde un dipartimento, in rosso la linea di tendenza)
Cosa accade quando si sommano i voti per Le Pen e Mélenchon? È giusto aspettarsi un rafforzamento della relazione: a un punto percentuale in più di disoccupazione corrispondono 2,27 punti percentuali in più in termini di consenso per i partiti estremi e il livello dei senza lavoro è in grado di spiegare il 58% dei voti raccolti da Front National e La France insoumise.
Emmanuel Macron
(a ogni punto corrisponde un dipartimento, in rosso la linea di tendenza)
Un po’ a sorpresa, la relazione resta molto forte per Emmanuel Macron, il leader di en marche! In senso inverso, però: a un punto percentuale di disoccupazione in più corrispondono 1,15 punti percentuali in meno in termini nei risultati elettorali e il peso dei senza lavoro spiega il 36% del livello di consenso. Occorre un certo livello di sicurezza economica, sembra di capire, per potersi affidare al candidato centrista e alle sue politiche europeiste, rigorose sul piano fiscale – una scelta di cui francesi (e italiani) non hanno ben compreso il significato, non necessariamente recessivo – e non dimentiche certo della crescita.
François Fillon
(in rosso la linea di tendenza)
Stesso destino per François Fillon. Anche il leader di Les Républicains è stato penalizzato nei dipartimenti dove la disoccupazione è più alta. L’effetto è stato più moderato: un punto in più di disoccupazione è “costato”, al candidato neogollista 0,8 punti percentuali in termini di voti. Il livello dei senza lavoro spiega solo il 19% circa del risultato raggiunto. Il tentativo del centro e della destra francese di avvicinarsi ai temi del Front National non ha permesso di captare le persone più esposte al disagio sociale.
Sono risultati interessanti per chi abbia a cuore la sconfitta delle forze xenofobe che riescono evidentemente a catturare e canalizzare la rabbia di chi vede frustrata la ricerca di lavoro e di un reddito più sicuro verso obiettivi semplici e deboli, come gli stranieri e gli immigrati. Un segnale chiaro del fatto che la creazione di posti di lavoro e quindi la crescita – obiettivi ancora lontani, retorica a parte, dall’agenda politica dei partiti tradizional(Elaborazioni e grafici realizzati con linguaggio di programmazione R su dati INSEE e Ministère de l’intérieur dall’autore del post)i o comunque non estremi – sono un elemento fondamentale per contrastare le forze populiste.
(Elaborazioni e grafici realizzati dall’autore del post con linguaggio di programmazione R su dati INSEE e Ministère de l’intérieur)