L’allarme è stato lanciato ufficialmente: Thomas M. Hoenig, presidente della Federal Reserve di Kansas City, ne ha parlato alla commissione Agricoltura della Camera Usa. «Il forte rialzo dei prezzi delle materie prime e i bassi tassi di interesse si sono tradotti in una crescita dei valori dei terreni agricoli, che hanno eclissato i massimi degli anni 80», ha detto, ricordando che «i valori della terra coltivata in Nebranska e nel Kansas erano quasi il 20% più alti di un anno fa, e il 75% di cinque anni fa».
Basta questo per spingere il banchiere centrale a osservare con attenzione la situazione: quando la domanda cresce, non si può "fabbricare" più terra, che un tempo gli economisti consideravano (giustamente?) un fattore di produzione diverso dal capitale. Si può solo pensare, nel lungo periodo, se si crede che la forte richiesta durerà nel tempo e se non ci sono ostacoli burocratici, che vengano convertiti terreni destinati ad altri usi. E «la storia – ha poi aggiunto – ci ha insegnato che è quasi impossibile determinare quanta parte del boom dei terreni agricoli possa essere una bolla insostenibile, trainata dai mercati finanziari, e quanto nasca da cambiamenti strutturali delle condizioni di domanda e offerta. Quindi, non sorprenderò nessuno se dico che stiamo controllando il mercato da vicino, così come stiamo controllando gli squilibri che emergono altrove nell’economia».
La questione è davvero delicata. Cosa accadrà infatti quando la Federal Reserve farà tornare i tassi di interesse verso il livello normale? Un rialzo del costo del credito, aggiunge Hoenig, «spesso coincide con una flessione dei ricavi delle aziende agricole e più alti tassi di capitalizzazione, una combinazione che deprime i valori della terra coltivabile. In più, anche se i prezzi dei raccolti restassero alti, ma i tassi di capitalizzazione tornassero alla loro media storica, i valori della terra coltivata potrebbero ridursi anche di un terzo, e questo quasi certamente eroderebbe la solidità finanziaria del settore».
L’agricoltura non pesa molto, in un paese avanzato: tenendo conto di tutto, copre un sesto dell’attività economica Usa (16-17%), una quota che ha permesso comunque al comparto di essere un importante “cuscinetto” durante la crisi. Il punto è quindi un altro, avverte Hoenig: «Il timore che mi tormenta resta quello che le attuali distorsioni sui mercati finanziari stanno aumentando il rischio che gli squilibri sui mercati degli assets coglieranno ancora una volta di sorpresa l’agricoltura, e l’economia Usa più in generale».