È un principio antico: meglio una decisione basata sulle regole che una discrezionale. La rule of law, che in Italia viene tradotta – male – con “stato di diritto” è un principio politico importante, e non sorprende che la stessa idea sia stata spesso proposta anche nella politica economica. Qualcosa di simile accade per quelle banche centrali che, a fronte del privilegio dell’indipendenza, hanno un obiettivo preciso, in genere un target di inflazione, e sono chiamate a rispondere nel caso in cui il bersaglio venga mancato. Non mancano regole per i sistemi in cui si preferisce il doppio mandato – inflazione e output gap (semplificando: un eufemismo per disoccupazione) – come la regola di Taylor, ideata per aiutare il processo decisionale dei banchieri centrali (qualunque sia, in realtà, il regime scelto) da John B. Taylor, economista alla Stanford University.
È stato proprio Taylor, in una conferenza dal titolo Legislating a Rule for Monetary Policy al Cato Institute – un think tank liberista di Washington – a proporre di dare un fondamento più solido, una regola, alla politica monetaria americana, oggi criticatissima negli Usa e nel mondo. Non si tratta, secondo l’economista, di trasformare la sua Taylor rule in una legge, ma di introdurre nell’ordinamento americano qualcosa che manca da tempo (ma che, in forme diverse, era previsto in passato): un sistema di reporting e di accountability, in base al quale la Fed riferisca al congresso la propria strategia e la regola che ha autonomamente adottato per raggiungere i suoi obiettivi e dichiari quando e perché si è allontanata dai criteri che si è imposto. Nulla di troppo rigido, quindi, anche per evitare qualche inconveniente della regola di Taylor; ma un sistema, in ogni caso, che riduca l’eccessiva discrezionalità e la troppa enfasi sul breve termine che ha dominato gli ultimi anni della storia della Fed.
Taylor, nel suo libro Off track, ha ampiamente dimostrato come la politica monetaria, allontanandosi dalla sua regola, abbia fornito l’alimento primo della crisi; e ha spesso argomentato che oggi sta accadendo la stessa cosa. Nella sua semplicità (che qualcuno può legittimamente considerare eccessiva) la rule, ha spiegato Taylo nel suo blog, in un post di settembre, imporrebbe nella situazione attuale un tasso di interesse ufficiale dello 0,75% almeno – oggi i Fed Funds sono a quota 0-0,25% – e non, come dicono alcuni economisti che “arricchiscono” la Taylor rule con parametri scelti un po’ ad hoc, uno negativo del 6 per cento.