La Norges Bank ha cambiato un po’ atteggiamento. Ora, dopo la riunione del 27 ottobre, prevede per il futuro il costo del credito un po’ più basso rispetto a quanto aveva fatto in passato, ma con un’avvertenza importante per una banca che sa tener conto anche del rischio di alimentare bolle finanziarie e immobiliari. «L’attenzione contro gli squilibri finanziari, che potrebbero scatenare più avanti nel tempo improvvise e brusche cadute nella produzione e nell’inflazione, suggerisce che il tasso ufficiale non deve essere tenuto basso troppo a lungo», spiega il comunicato ufficiale. La Banca centrale prevede così di portare il costo del credito al 2,5% entro ottobre, dall’attuale 2%, con un passo intermedio tra giugno e agosto. È l’esatto opposto di quanto fa la Federal reserve. Da quando ha portato i tassi a zero, la banca centrale di Washington avverte nel suo comunicato che la situazione economica, con tutta probabilità «garantisce livelli eccezionalmente bassi per i tassi sui Federal funds per un periodo esteso». Dal 26 gennaio di quest’anno, però, Thomas Hoenig, presidente della Federal reserve di Kansas City vota contro le decisioni della Banca centrale proprio per questa formulazione: ritiene – non a torto – che sia proprio la promessa di mantenere il costo del credito a livelli bassissimi per un tempo lungo a creare aspettative che alterano la valutazione dei rischi da parte degli investitori e che potrebbero generare bolle. C’è la possibilità, insomma, che la Fed stia ripetendo lo stesso errore, compiuto nel 2003, quando portò i Fed Funds all’un per cento promettendo di tenerli a quel livello a lungo: una scelta che ha alimentato l’attuale crisi. «Io credo che tassi di interesse tenuti bassi a lungo siano pericolosi – ha detto qualche giorno fa in un’intervista allo Spiegel Raghuram Rajan, l’economista che previde la crisi già nel 2005 – Incoraggiano le persone ad accumulare debito e a investire in attività rischiose. Ci stiamo muovendo da una crisi all’altra».