Commercio e diritti dei lavoratori, dagli Usa la prima vertenza internazionale

È una prima assoluta. L’amministrazione degli Stati Uniti, attraverso l’U.S. Trade representative (Ustr) – in sostanza il ministro del Commercio estero – Ron Kirk ha aperto la prima controversia internazionale per imporre il rispetto dei diritti dei lavoratori a un partner commerciale, in questo caso il Guatemala. Appellandosi alle regole del trattato Cafta-Dr (Dominican Republic-Central America-United States Free Trade Agreement), gli Stati Uniti accusano il governo latinoamericano di non aver applicato in un numero «significativo» di casi le norme che prevedono la libertà di associazione, il diritto alle contrattazioni collettive e il diritto di lavorare in condizioni accettabili. Washington parla addirittura di inadempimenti sistematici.

In questo modo, secondo l’ufficio dell'Ustr, il Guatemala «impone ai lavoratori americani di competere contro pratiche di lavoro inferiori agli standard e altera il “campo di gioco” a svantaggio di aziende e lavoratori Usa». Seguendo le procedure previste dalle intese, il Trade representative, il dipartimento del Lavoro e il dipartimento di Stato hanno quindi chiesto “consultazioni” formali al partner commerciale, mentre sul piano politico hanno spinto il governo a prendere tutte le iniziative, comprese eventuali riforme legislative, per garantire il rispetto dei diritti.

L’iniziativa è stata preceduta da trattative informali, cominciate a gennaio 2009, che si sono però rivelate insoddisfacenti agli occhi dell’amministrazione Obama. Negli ultimi undici mesi, il dipartimento del Lavoro ha poi svolto una serie di investigazioni per sostenere la procedura, che ha preso inizio da una denuncia presentata nel 2008 dall’Afl-Cio, il principale sindacato Usa, e sei organizzazioni dei lavoratori del Guatemala. Washington ritiene di poter provare anche l’uso e la minaccia di violenze «che appaiono collegate all’esercizio o al tentativo di esercitare diritti del lavoro» e l’assenza di una risposta adeguata, da parte del governo, per proteggere le vittime, indagare sui reati, e perseguirli.

Il governo del Guatemala ha espresso sorpresa per l’iniziativa. Ora rischia, una volta conclusa una lunga procedura, di dover versare una multa annuale di 15 milioni di dollari – pari allo 0,04% del Pil del paese – più l’inflazione a un fondo dedicato a iniziate a favore del lavoro; ed eventualmente la perdita di alcuni dei vantaggi commerciali verso gli Stati Uniti.

Il tema è controverso da anni. Stabilire un legame tra il commercio internazionale e i diritti dei lavoratori è stata a lungo una richiesta di alcune forze politiche dei paesi più ricchi, ma il tentativo di introdurlo negli accordi internazionali alla conferenza ministeriale della Wto di Seattle nel ’99 fallì. I paesi emergenti hanno sempre respinto la proposta come una forma di protezionismo nascosto, un escamotage per imporre oneri esorbitanti a economie che vivono di bassi costi del lavoro. Dietro questa argomentazione, c’era e c’è spesso però il desiderio delle élites di evitare di riconoscere diritti politici ed economici ai cittadini. Gli Stati Uniti hanno però introdotto queste clausole in diversi accordi regionali e bilaterali, ma non tutti. Gli accordi con Colombia, Corea e Panama, firmati dall’amministrazione Bush, non sono stati ancora ratificati dal Congresso per l’opposizione di diversi politici democratici che lamentano l’assenza di clausole sui diritti dei lavoratori.

  • elena |

    In una economia globale, penso sia indispensabile la presenza di regole minime sottoscritte da tutti gli Stati che vogliono essere parte del WTO. Il rispetto dei diritti dei lavoratori costituisce la prima forma di regola da garantire. Non solo come giustizia ma come risorsa economica che serve il sistema globale, non creando condizioni di concorrenza sleale, nè occasioni per smantellare i diritti dove sono stati acquisiti (con relativi costi…). Ben venga la controversia internazionale e l’insistenza a conformarsi alle regole, purché lo si faccia con tutti e non solo con partners commerciali deboli.

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