La Banca centrale europea fa marcia indietro. Prima tra le autorità monetarie dei paesi sviluppati, l’istituto di Francoforte ha iniziato – o meglio: ha lasciato che iniziasse – un lentissimo ritorno verso la normalità, e sta riducendo le dimensioni del proprio bilancio.
Dal 25 giugno al 9 luglio, la Bce – sottolinea una ricerca di Michael Sauders di Citigroup e il suo team – ha ridotto i suoi attivi da 2.154 a 2.005 miliardi. Ha inciso sicuramente la particolare gestione della liquidità della Bce: dopo il rimborso del prestito a un anno da 442 miliardi, le banche hanno chiesto liquidità per solo 192 miliardi alle successive aste a una settimana, un mese e tre mesi. Un po’ – sottolinea lo studio – perché il sistema aveva meno bisogno di moneta, un po’ perché le condizioni sono meno vantaggiose (il tasso è dell’1% a tre mesi, un anno fa era dell’1% a un anno).
Potrebbe sembrare un gioco puramente meccanico: la Bce, da quando è scoppiata la crisi, soddisfa tutta la domanda di liquidità, quasi passivamente. In realtà – come mostra un confronto immediato dei numeri – l’istituto di Francoforte ha cercato di ridimensionare gli automatismi: il bilancio si è ridotto di 149 miliardi, non dei 250 che, al netto, "mancano all’appello" nel sistema. Sono stati acquistati, tra l’altro, 65 miliardi di oro, e 5,8 miliardi di titoli di Stato, mentre le riserve valutarie sono state rivalutate per 21,3 miliardi.
La Bce ha quindi scelto di assecondare, sia pure solo in parte, le sollecitazioni del sistema. E si tratta di una decisione importante. La questione non è infatti tecnica. La strategia dell’espansione di bilancio è stata il cuore della politica monetaria durante la crisi, il quantitative easing, l’ampliamento dell’offerta di denaro che alla Fed di Washington è diventato anche credit easing, con una forte enfasi anche all’altra faccia della medaglia: gli assets finanziari che venivano acquistati.
Quella liquidità ora comincia a essere lentamente riassorbita, con effetti sui tassi di mercato – il tre mesi è ai massimi da agosto 2009 – e si riavvicinano al livello, solo ufficiale, dell’un per cento; oltre che su euro/dollaro ed euro/sterlina. «È notevole – sottolinea quindi la Citigroup – che la Bce prosegua (o almeno tolleri) una contrazione del bilancio prima di altre banche centrali. Eurolandia non è solo al centro di una crisi del debito sovrano. Secondo noi è anche la regione, tra le tre maggiori, con la prospettive di crescita più deboli». Troppo presto?