Piace, sempre di più. Il Canada è tornato al centro delle attenzioni degli investitori in reddito fisso, i più spaventati oggi dalle prospettive delle politiche fiscali nel mondo. Il previsto rallentamento dell’economia nordamericana, che aveva stupito per la rapidità della sua ripresa – per una volta sganciata da quella degli Stati Uniti – non ha impedito agli stranieri di comprare quantità importanti di titoli di Stato: la quota in loro mani è ormai ai massimi da nove anni.
Le cifre non sono elevatissime: si tratta – nota Sheryl King di BankofAmerica Merrill Lynch, che ha dedicato al fenomeno una ricerca – di poco meno del 20% del totale del debito pubblico. È decisamente interessante però la dinamica: in un solo trimestre il 40% del deficit del paese è stato finanziato da investitori esteri, che tra aprile e giugno hanno portato nel paese capitali finanziari per 20,2 miliardi di dollari canadesi (14,6 miliardi di euro). Nei dodici mesi precedenti, nell’anno fiscale chiuso a marzo, gli stranieri hanno acquisito quasi il 60% del nuovo debito canadese: hanno sottoscritto titoli per un ammontare di 37 miliardi di dollari, contro emissioni totali per 54 miliardi.
Questa quota è destinata a salire, grazie al gioco tra flussi di capitali stabili, rigore fiscale e crescita. L’economia canadese sta rallentando, ma dopo aver toccato una velocità massima del 5,9% (annualizzato) del primo trimestre dell’anno. In primavera è cresciuta ancora del 2%, e le previsioni per il terzo appaiono molto incerte: se King prevede un 1,3%, Stewart Hall di Hsbc propone un più solido 2,2 per cento. In ogni caso, la ripresa permetterà al governo di rimettere i conti in ordine: «Lo stimolo fiscale finirà a marzo, con la chiusura dell’esercizio 2010/2011», spiega Hall, e il deficit, dai 52 miliardi del 2009/2010, dovrebbe scendere ai 49,2 miliardi del marzo prossimo per poi rapidamente portarsi a 27,6 miliardi nel 2011/2012 e a 17,5 miliardi a marzo 2013. Come è già avvenuto in passato, tra il 1975 e il 1994, resterà però alto il bisogno di risparmi dall’estero: King prevede che possano toccare il 3% del Pil «per un periodo elevato».
Tutto questo metterà il debito del Canada sempre più nelle mani degli investitori globali, che mostrano di apprezzare, e non poco, il paese nordamericano. La sua maggiore debolezza è la dipendenza dagli Stati Uniti, dove è diretto il 70% delle esportazioni; ma se in un passato ormai lontano un punto percentuale di Pil in meno negli Usa significava 0,75 punti in meno in Canada, ora la domanda internazionale di materie prime ha un po’ sganciato il paese dai destini dell’ingombrante vicino. Finché naturalmente le economie emergenti resteranno vivaci il paese sembra al riparo da brutti shock.
La richiesta di titoli di Stato sembra quindi – una volta prese tutte le cautele necessarie sui mercati finanziari – assicurata. «Il Canada – spiega King – sarà probabilmente sempre più visto come un porto sicuro, per i titoli di Stato, in un mare di bilanci pubblici sempre più deteriorati: il debito federale netto resta al 34% del Pil, uno dei più bassi nel mondo sviluppato». Il deficit in miglioramento permette inoltre alla tripla A del paese di essere al riparo da ogni rischio di declassamento. Partito con una sana e robusta costituzione finanziaria, il Canada potrà quindi superare la crisi e i costi delle cure che ha richiesto con pochi danni sistemici: anche la disoccupazione – molto variabile nel paese – è destinata a calare. È una lezione per tutti.